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Terra Incognita
Julia Trolp

Critici D'Arte e Curatore



Terra incognita è un’iscrizione che si trova di frequente sulle carte geografiche storiche, per denominare luoghi non ancora esplorati. Questa dicitura evoca territori inospitali, arretrati e lontani da ogni tipo di civilizzazione, dove spesso l’umano non si è ancora spinto. La scritta è pertanto un sinonimo di natura selvaggia, che può incutere timore. Hic sunt leones, qui ci sono i leoni, viene annotato a volte a margine delle mappe per sottolineare la pericolosità di questi luoghi.

Quest’iscrizione, dopo le numerose campagne di esplorazione svoltesi nel corso dell’Ottocento, inizia a scomparire dal vocabolario dei cartografi. La spinta alla scoperta di nuove terre, istinto naturale dell’uomo, ha fatto sì infatti che quasi ogni angolo del mondo sia stato visitato, esplorato e cartografato, perdendo la sua aura di luogo selvaggio.
Questa tensione si ritrova però anche nel mondo contemporaneo espressa per esempio nel programma di ricerca in internet Google Earth: oggi possiamo “volare” con un click, seduti comodamente alla nostra scrivania, da un continente all’altro. Non possiamo sapere dove ci porteranno in futuro, grazie alla ricerca e alla tecnologia, le moderne declinazioni dell’idea di esplorazione.

Marcelo Moscheta sta compiendo a sua volta un viaggio di scoperta del tutto personale. L’artista brasiliano, nato nel 1976, vive l’esperienza della sua prima personale alla galleria Riccardo Crespi di Milano, non essendo mai stato in Italia, come un’occasione per avvicinarsi al nostro paese e alle proprie origini, attraverso un processo artistico. Il nonno dell’artista era infatti di Treviso. Moscheta crea, per l’occasione, un ciclo di lavori inediti partendo da luoghi esistenti che riesce a trasformare, tralasciando i percorsi soliti e conosciuti, in geografie completamente nuove.

Il titolo della mostra, Terra incognita, è il concetto che unisce i lavori proposti, realizzati con grande maestria dell’artista con tecniche diverse, dal collage al disegno, dalla fotografia all’installazione. Il tema in comune a tutte le opere è la trasformazione di qualcosa di sconosciuto ed estraneo, in qualcosa di personale, nuovo e individuale. In questo atto di appropriazione il processo artistico e la realizzazione materiale, artigianale delle opere, hanno un ruolo determinante per l’artista. Il disegno – tecnica che Moscheta padroneggia in maniera virtuosa – permette all’artista di rintracciare superfici e strutture esistenti e di riprodurli con il carboncino in maniera tradizionale su carta bianca o, in modo più sperimentale, con grafite su PVC nero, intrecciandoli poi in narrazioni personali. Con questi “racconti” l’artista non vuole darci né una rappresentazione oggettiva del mondo esistente né un’immagine obiettiva della realtà. Moscheta ci vuole portare attraverso la sua arte in un universo personale, ci vuole far vedere geografie nascoste e terre mai viste prima.

Con il collage realizza paesaggi fittizi partendo da cartoline turistiche storiche. Con l’installazione proietta una geografia alternativa della città di Milano, composta di disegni filigranati di alberi e delle loro coordinate geografiche. Come spettatori noi partecipiamo al suo processo di avvicinamento, di esplorazione, a volte anche di invenzione. Attraverso le opere di Marcelo Moscheta abbiamo la possibilità di rivisitare con altri occhi luoghi conosciuti, e di scoprirne attraverso la sua sensibilità artistica qualcosa di nuovo. Quello che il percorso espositivo ci mostra è dunque una geografia individuale, una nuova terra incognita: il mondo personale di Marcelo Moscheta.


in occasione della mostra nella Galleria Riccardo Crespi nel 2009