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Le geografie poetiche di Marcelo Moscheta
Matteo Bergaminni


Critico Dell'Arte Independente


Terra Incognita è il titolo della prima personale italiana dell’artista brasiliano Marcelo Moscheta. Una serie di opere come se ne dovrebbero vedere più spesso: poetiche eppure rigorose, visionarie in maniera semplice, delicata.


“Terra incognita” era l’antica denominazione che ricevevano i territori non ancora esplorati sulle cartografie, designava quella zona del mondo di cui non era possibile conoscere nulla, il terreno su cui si riversavano le più disparate fantasie.

Oggi la percezione comune è che le terre sconosciute siano letteralmente scomparse, che ogni minimo angolo del nostro piccolo pianeta sia stato mappato da cima a fondo togliendo qualsiasi mistero intorno a qualsiasi luogo…eppure, a ben guardare chiunque, consapevolmente o meno, possiede la propria landa fantastica nell’anima e nella mente.


La terra incognita di Moscheta è l’Italia, paese di avi e di contaminazioni geografiche che si ritrovano nella bellissima serie di acquerelli su vecchie cartoline fuse insieme, da cui viene il titolo della mostra.
La mia wonderland potrebbe invece essere, per contrappunto, il Brasile, parte di mondo che riesco a visualizzare attraverso l’associazione di immagini senza consequenzialità derivate da cultura televisiva, romanzi, opere d’arte; e ancora, la terra misteriosa di un bambino incontrato in India da Ettore Sottsass è l’Europa: “Da dove viene signore?” – “Dall’Italia!” – “Ahh, Parigi è una bella città.” Una con-fusione di generi che forma un corpo nuovo nella percezione di quelli che sono i nostri universi assodati che diventano liquidi, piccoli, lontani e spesso anche inutili rispetto ad un punto di vista alieno. Il piano mentale e quello romantico sono confusi, ibridati: la penisola agli occhi dello straniero è una sorta di raggruppamento casuale di immagini che pervengono da racconti o dai media, dall’idea che si ha del “belpaese”.


Marcelo Moscheta rende straordinariamente attuale il concetto di terra sconosciuta; ibrida i paesaggi della Liguria con le città marittime del Sud della Penisola, crea isole immaginarie con lembi di spiagge, vegetazione e ombrelloni.


Immagini suggestive e variabili come l’idea della natura che serpeggia in tutta la mostra: le piccole raffigurazioni di alcuni alberi milanesi della bellissima istallazione Pre.Position.Post, disegnati su semplice carta quadrettata, tracciano una nuova mappa della città di Milano tra viali, parchi e giardini. Sul retro dei disegni è possibile leggere le coordinate geografiche in cui le piante si trovano e dunque collocare nello spazio: nell’era di Google Earth è facile avvicinarsi spropositatamente da un punto lontanissimo di un satellite della Terra ad una visione ravvicinata della crosta terrestre in pochi click, ma come afferma l’artista è quantomeno difficile riconoscere lo stesso albero rappresentato: cambia il clima, cambiano le stagioni, le foglie cadono o crescono i rami, i giardinieri ne potano alcune parti; Moscheta ci fornisce un’istantanea che non tornerà più, un universo sconosciuto perché i suoi elementi sono in costante mutamento mentre le immagini restano statiche.


Il video Hic Svunt Leones è la riprova che molto spesso l’idea o la credenza popolare si allontana diametralmente dalla realtà dei fatti; un paesaggio melanconico e dall’aria autunnale non dovrebbe contenere insidie particolari, eppure si tratta di un antico territorio della paura. Hic Svunt Leones era un’ennesima iscrizione che veniva affissa ai margini dei territori incogniti come a rimarcare un pericolo che non si conosceva ma che veniva immaginato.


L’artista brasiliano porta in galleria una porzione di universo composto da cieli e mare, nebbie e colline, pietre e meteoriti…un universo che ha a che fare con l’anima degli elementi che costituiscono la nostra terra e che in qualche modo hanno contribuito allo sviluppo della nostra vita.


Stratificazioni che non a caso riverberano nei dittici, intitolati appunto Strati, in cui le mappe topografiche di alcune zone collinari, sulle quali sono riportate le altezze dei picchi più alti, sono associate alla visione del paesaggio delle stesse; anche in questo caso la scientificità del mezzo di orientamento e del grafico morfologico si fonde con l’imprescindibile questione della “veduta” che è parte fondamentale dell’immagine dell’arte italiana, fiamminga e tedesca nel mondo. 


La bellezza nelle opere di Marcelo Moscheta sta nell’aprire una deriva in quelle che sono le immagini prestabilite della nostra conoscenza: ci stupisce il fatto che l’isola di Capri possa essere associata alle spiagge della Romagna perché si è soliti pensare al proprio mondo come centro di un universo che non può essere confuso nei simboli, nella riconoscibilità.


Una mostra da vedere anche perché, come domanda l’artista in un’altra installazione, se hanno mandato l’uomo sulla luna perché non si potrebbero mettere dei meteoriti in una galleria? Dichiarazione evidente che all’arte e agli artisti è dato il permesso di essere liberi dai luoghi comuni e di regalarci continuamente visioni di mondi insoliti ed affascinanti.


in occasione della mostra nella Galleria Riccardo Crespi nel 2009.